martedì 10 giugno 2008

L'uomo: immagine e somiglianza di Dio... oppure no?

Scrivo queste riflessioni a carattere esclusivamente personale. C’entrano poco col progetto di questo blog, ma credo siano utili per conoscere un po’ meglio me e il mio personale vivere e sentire il credo cristiano. E anche perché davvero vorrei uno scambio sincero su questioni che mi stanno molto a cuore e che credo stiano portando ad un pericoloso autolesionismo della Chiesa. Credo nel valore del dialogo, che se costruttivo non può che arricchire: per questo condivido queste mie riflessioni. Non è il dialogo che si deve temere, piuttosto mi spaventa chi del dialogo ha paura. Il dialogo, aperto e costruttivo e talvolta fatto anche di critiche, è per me irrinunciabile e vorrei che fosse la pratica quotidiana nella futura fraternità.

Osservo con preoccupazione e con profondo sconforto l’inversione di ruoli e di priorità tra l’uomo e le istituzioni (confini di stato, famiglia e matrimonio, status sociale...) che si sta verificando nella nostra società odierna, sia a livello politico sia a livello della Chiesa “ufficiale”, quella che personalmente definirei la “Chiesa dei palazzi”. Ed è proprio il fatto che di questa inversione sia co-protagonista la Chiesa che mi genera sconforto.

E’ di queste settimane la polemica su una legge scellerata che vorrebbe perseguire persone in difficoltà che fuggono da paesi nei quali si muore per la fame o per la guerra, in cerca di una vita più umana: capisco colpire i delinquenti, ma che senso ha colpire anche i tanti che si limitano a chiedere di essere accolti in un paese dove non ti piovono pallottole addosso o dove possono trovare cibo anche nella spazzatura (tanto è quello che noi, sazi, buttiamo via)? Cosa viene prima, l’essere “uomo” o l’avere una cittadinanza? E’ un passaporto che da’ dignità all’uomo? E’ un lavoro che rende l’uomo pienamente un essere umano? E la Chiesa dei palazzi che fa? Dove sono le reazioni sconsiderate che si registrarono non molto tempo fa quando in parlamento si discuteva di diritti e doveri civili alle coppie non sposate? Allora si arrivò addirittura ad un documento ufficiale di condanna: adesso la situazione è meno grave?!? Cosa viene prima, l’istituzione “matrimonio” o il comandamento universale di Amore per il prossimo (anche per il nemico) che Cristo ci ha lasciato? Dov’è l’essere uniti e il badare di non far mancar nulla al prossimo tipico delle prime comunità cristiane? Non chiedo che tutto questo sia tenuto in considerazione dallo stato (che è laico e dovrebbe prendere decisioni autonome e indipendenti da credi religiosi): ma la Chiesa dov’è? E’ lei che dovrebbe alzare la voce con forza, con più forza dell’altra volta, se vuole mantenere credibilità, se vuole continuare a dirsi portatrice dell’annuncio di salvezza di Cristo...

Un altro esempio, davvero deprimente per un cattolico come me. E’ di ieri la notizia che un vescovo (di Viterbo, per la cronaca) ha negato le nozze in Chiesa ad una coppia di fidanzati perché il giovanissimo sposo, in seguito ad un incidente, potrebbe non recuperare l’uso delle gambe e con esso la possibilità di procreare. E questo contro la richiesta, meditata e condivisa, dei due sposi di veder benedetta la loro unione, come pure contro la volontà del parroco, che avrebbe voluto celebrare le nozze. Mi chiedo: dove sta allora l’impedimento a che due ragazzi che vogliono donarsi l’uno all’altra (che meraviglia! tanto più se si pensa alla situazione di lui e al coraggio, evidentemente fortificato da un grande amore, di lei!) possano essere uniti in matrimonio religioso? La risposta è sconcertante: in una norma del codice canonico! Sembra incredibile, ma è così: la Chiesa di Cristo, che sa che la salvezza non viene dalla Legge ma dalla Grazia, quella Chiesa che dovrebbe comunicare al mondo l’Amore universale di Cristo per tutti gli uomini (le Encicliche servono veramente a poco se poi i fatti concreti sono questi!), uomini che sono prima di tutto immagine di Dio (per creazione) e fratelli (in Cristo), indipendentemente da come vengono etichettati (clandestino, impotente, omosessuale, prostituta, divorziato, progressista...), ebbene quella Chiesa si costringe ad un codice! Non bastava la Legge, quella legge che “genera morte”, c’era bisogno di altre norme! Ma crediamo davvero che Dio Padre possa essere limitato nella Sua onnipotenza e nella Sua infinita misericordia da decisioni prese da uomini? Perché tutti questi timori e tutte queste chiusure nella Chiesa di oggi? L’uomo è ancora “immagine e somiglianza di Dio” a qualunque delle categorie sopraindicate appartenga oppure no? Si ha forse paura che il consenso a nozze tra persone che non possono generare possa incrinare il veto al riconoscimento di unioni omosessuali? Che possa far cadere l’ipocrita distinzione tra “l’amore ordinato eterosessuale” e “l’amore disordinato omosessuale”? Dov’è finito l’amore come “donazione dell’uno verso l’altro” di cui parla la bellissima enciclica “Deus Caritas Est” (e ovviamente il Vangelo)? Dove si vede, nei fatti, il messaggio di quell’enciclica? Questi atti di cui siamo (purtroppo) testimoni sviliscono profondamente l’istituzione del matrimonio, riducendolo ad un qualcosa (non saprei davvero come definirlo) che serve esclusivamente per la procreazione. Ma in questo disegno l’Uomo dov’è? Io ci vedo solo un animale che è chiamato a dare il suo contributo per la conservazione della specie...

Questa Chiesa, alla quale ribadisco la mia appartenenza, è ancora Cattolica (universale)? A me sembra che tenda a diventare sempre di più la Chiesa di pochi: dentro le famiglie fondate sul matrimonio, dentro i consacrati e pochi altri. E il resto? Tutti fuori? In cosa si vede la cura pastorale per gli altri? Nel continuo ribadire discriminazioni e condanne? Dov’è che si cerca il dialogo (sincero, fatto di autentico scambio bilaterale)? Si è dimenticato, a proposito di famiglia e morale sessuale, che in tutto il Vangelo l’unica condanna è per chi abbandona il coniuge, mentre praticamente nulla si dice della tanta morale sessuale che oggi sembra occupare il posto principale dell’annuncio della Chiesa? Certo sono il primo a dire che l’uomo non può dire: “tutto è permesso”. Ma non perché è scritto in regole e codici! E’ soltanto frutto della piena coscienza che ogni volta che si toglie Dio dal centro e ci si mette l’uomo si fanno disastri. Cerchiamo di comunicare questo agli uomini, invece delle leggi! Quante pecore si sono perdute a causa di questo annuncio distorto e di questa chiusura? A chi ne sarà chiesto conto?

Mi viene da chiedermi come si sia potuto arrivare a questi eccessi. La risposta la vedo nello scollamento, sempre più evidente, tra i Prìncipi della Chiesa (quelli che vivono la Chiesa nei palazzi, appunto) e la Chiesa “vera”, quella fatta di sacerdoti (che vivono la Chiesa tra la gente) e di persone comuni. Personalmente trovo che pretendere di vivere la Chiesa in un palazzo (sia esso vescovile o papale) sia una aberrazione terribile: si perde il contatto con la creazione di Dio, che è l’uomo, ogni uomo, col suo vissuto quotidiano, con i suoi problemi, con la sua umanità. Pretendere di meditare la Parola senza “vederla” e leggerla nel prossimo perde di significato: non è più seguire Cristo, diventa fare pura filosofia! Onestamente, riflettiamo su questa domanda: crediamo davvero che se Cristo tornasse oggi sulla Terra si circonderebbe di agi e di politici? Crediamo davvero che vorrebbe guidare la Sua Chiesa con documenti ufficiali, chiuso in un palazzo? Io credo che farebbe esattamente come fece duemila anni fa: andrebbe in prima persona per strada, tra la gente. Avvicinerebbe le folle per parlare loro dell’Amore e della misericordia del Padre, prendendo ora acclamazioni e lodi, ora insulti e sassate. Andrebbe tra le prostitute e i peccatori e mangerebbe di nuovo con loro. Si lascerebbe avvicinare da coloro che vengono allontanati dalla società, da coloro che vogliamo non vedere né sentire (allora i lebbrosi, che erano considerati impuri, oggi forse sono gli omosessuali). Andrebbe di persona laddove rischia di ricevere insulti e sputi, nelle tante samarie e galilee di oggi. Rovescerebbe anche oggi, come e più di allora, i tavoli dei mercanti nel tempio. Condannerebbe anche oggi, come allora, i farisei e il fariseismo dilagante anche in coloro che si dicono Suoi fedeli, il voler imporre attraverso la Legge (e i codici) pesanti fardelli al prossimo. Anche oggi, come allora, ribadirebbe che i comandamenti sono due e parlano di un Amore immenso e universale... Ieri Egli, con un atto libero di Amore, si lasciò inchiodare alla croce per sollevare noi dal peso del peccato, seguendo l’Amore infinito che partecipava col Padre. Oggi noi non esitiamo ad inchiodare alla croce il nostro prossimo (o addirittura il gregge che dovremmo condurre con carità) seguendo leggi e codici che noi stessi abbiamo generato.

Scriviamo tanto sull’Amore e sulla misericordia... Ma non sarebbe il caso di riscoprire davvero, nei fatti, quell’Amore di cui ci riempiamo la bocca e per il quale gettiamo tanto inchiostro? Non sarebbe il caso di togliere, con coraggio, almeno una parte delle tante leggi che ci siamo costruiti e tornare ad ascoltare ed accogliere l’uomo (ogni uomo!), indipendentemente dalla categoria che gli abbiamo cucito addosso? Non sarebbe davvero il caso di riportare l’uomo, e non le istituzioni, al centro della stupenda creazione di Dio? Ricordiamo ciò che viene ribadito con varie espressioni in tutti i Vangeli: “il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”... Le parole di Giovanni mi stanno fisse davanti: “Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”. Siamo davvero sicuri di riuscire sempre a riconoscere Cristo nel mondo, nel prossimo? Io no, ma della mia cecità sono pienamente convinto. Ma i nostri pastori sono davvero sicuri che Cristo lo si debba cercare nella sterilità di un codice invece che nella ricchezza della diversità umana?
Scusate lo sfogo e perdonate se queste parole hanno potuto offendere qualcuno: credetemi, non era mia intenzione. E’ solo un grido, per grazia di Dio non così isolato, di un cristiano che cerca risposte e che a volte stenta a riconoscersi nella sua Chiesa. Chiunque lo desideri può commentare: chiedo solo pacatezza nelle risposte e di fermarsi un po’ a riflettere prima di scrivere.

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