lunedì 5 maggio 2008

Vediamo se riesco ad essere un po' più chiaro... ;-)

In questo weekend io, Ste e Fra abbiamo avuto modo di vederci e scambiare due chiacchiere (sempre interessanti e fruttuose). Abbiamo convenuto che è l'ora di iniziare un percorso insieme, nell'attesa che si concretizzi qualcosa (la casa: AAA donazione cercasi!! ;-) ). Ma di questo parleremo poi... Piuttosto, il loro spirito pratico (menomale che ci sono loro a compensarmi!!) mi ha fatto notare come dai miei post si capisca poco il progetto e le motivazioni che mi ci hanno spinto. In effetti devo riconoscere dire che un po' di ragione ce l'hanno, quando mi ci metto sono decisamente dispersivo e ripetitivo!! E allora vediamo di chiarire un po' le idee (però vi avverto, non mi sarà facile essere breve!! ;-) ).

Allora, da dove nasce questa mia spinta? Da una cosa molto precisa: aver preso profondamente coscienza che al di fuori dell'annuncio evangelico non si può trovare un senso pieno a questa vita. Molti cercano la vita in cose di questo mondo: la famiglia, il successo, la carriera, i soldi, il sesso, la bellezza... Il problema è che nessuna di queste cose in sé può dare la vita (cioè riempire la tua vita, dare un senso pieno alla tua esistenza) perché uno solo è Colui che può dare la vita: Colui che la possiede in pienezza, cioè Cristo. Fondare la propria vita su altro che non sia Cristo è seguire idoli, che senza dubbio possono dare soddisfazioni e gioie momentanee, ma che alla fine si riveleranno per quello che sono: cose di questo mondo, destinate a passare.

Io vengo esattamente da questa esperienza: una vita fondata su idoli, reso ancor più cieco dal considerarmi tutto sommato un "buon cristiano" perché praticante e di convinto di essere "persona di buoni sentimenti". Improvvisamente questi idoli sono crollati, si sono rivelati per quello che erano: illusioni, cose che la vita non la possedevano (e quindi non potevano riempire la mia), cose destinate a finire. E mi sono trovato a terra, smarrito, disorientato. E questo è accaduto in seguito ad una perdita molto cara e sofferta: come spesso accade sono i traumi inaspettati e improvvisi che ti danno una spinta, ti scuotono alle radici. Ed è proprio qui che ha potuto finalmente farsi un po' di spazio la voce di Dio, finora soffocata dai miei progetti, dalle
mie illusioni, dal mio egoismo. E' qui, in questo silenzio improvviso e profondo fatto di domande che non trovavano risposte, che ho riscoperto l'annuncio evangelico nella sua essenzialità, nella sua fondamentale importanza per ciascuno di noi. Guardandomi intorno vedo persone con sguardi spenti, che vivono la vita come fosse una lotta alla sopravvivenza. Tante persone che riempiono la vita di progetti e di occupazioni per cercare di sfuggire alla verità più evidente e più spaventosa: letta con la logica di questo mondo la vita non ha senso. Non hanno senso i fallimenti, le malattie, gli incidenti, il dolore: tutte cose che vengono a mostrare all'uomo la sua precarietà, che vengono a limitare in modo pesante la libertà d'azione e di scelta dell'uomo. E queste cose, poiché colpiscono i tuoi progetti e li distruggono, ti tolgono la vita, ti schiacciano. E infatti si cerca di vivere cercando di non pensare alla sofferenza e al dolore ma rienpiendoci la mente di bei progetti, pensando al futuro, illudendoci di vivere in eterno, sempre in salute e sempre circondati dai propri cari, anch'essi in salute, eccetera eccetera. Questa è una visione molto bella ma che non corrisponde alla realtà che ci è data di vivere.

Quale risposta allora? Che si deve fare? Abbandonare tutto e rigettare completamente ciò che può dare il mondo? No, certamente! Anzi ci sono cose importanti che il mondo può dare. Ma è fondamentale prenderle per quello che sono, avendo piena coscienza che la vita vera non sta lì: prendere quindi ciò che di buono il mondo può offrire (che è molto) ma avendo lo sguardo fisso all'annuncio evangelico, alla Parola, unico mezzo che può riuscire ad illuminare il buio nel quale spesso ci sentiamo immersi. Immerso in quel buio profondo ho trovato consilazione nella Parola, lì ho capito che la vita può essere letta con una chiave più profonda. E' lì che ha cominciato a cedere quel velo spesso che mi impediva (e spesso mi impedisce ancora) di vedere il senso della vita. L'annuncio di salvezza che quindi va posto come punto fisso della vita di un cristiano e che può cambiarti completamente, radicalmente.

Molti declinano l'essere cristiani in modi diversi, anche abbastanza pittoreschi: essere buoni, onesti, volenterosi, aiutare gli altri, fare elemosina, fare volontariato... tutte cose buone ma che sono soltanto una conseguenza di un rinnovamento del proprio essere ad opera di Cristo. Essere cristiani in definitiva significa una sola cosa: ascoltare Cristo (ricordate l'episodio di Marta e Maria? O quello del buon pastore?) e seguirlo. Solo restando radicati in Cristo, vera vite, noi tralci possiamo portare buon frutto.

Allora, quale spinta sento di aver ricevuto? La spinta a cercare di imitare l'esempio delle prime comunità cristiane, che il senso dell'annuncio evangelico lo vivevano più pienamente. E non c'è da studiare molto, basta aprire gli Atti degli apostoli per trovare ciò che mi illuminò e che sta ancora davanti a me come meta:
"Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. [...] Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo" [Atti 2, 42-47].

Questo è il modello. Raggiungerlo è certamente difficile, non mi pongo mete eccessivamente elevate. Però credo che a questo modello ci si possa avvicinare non solo nelle realtà monastiche ma anche nella società civile: è possibile fare qualche piccolo passo in questa direzione ed è proprio questo che vorrei poter fare, nel rispetto dell'individualità dei singoli e delle proprie e diverse necessità. Quindi non imporre molte regole ma cercare di camminare un po' insieme, cercando momenti di confronto tra di noi, con gli altri e con la Parola. Cercare anche di tendere la mano all'altro, che sia dentro o che sia fuori, aiutandolo concretamente anche nei bisogni materiali. Una piccola comunità, quindi, radicata nella società e senza vincoli eccessivamente stringenti, ma che sappia bene a chi tendere lo sguardo e da dove trarre la spinta per agire.

4 commenti:

mafalda ha detto...

ovvia, vedi che a sbatacchiarti un po' reagisci bene? bel post davvero e ora e' un po' piu' chiaro il punto. io per ora non partorisco nessuna genialata quindi taccio. vedo di pubblicizzare un po' facendo trackback al mio blog se ci riesco.

Anonimo ha detto...

..."chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno."...

perché, quando io ho condiviso quello che avevo con gli altri (tempo, cose e sentimenti), tante di quelle volte mi sono sentita dire che questi mi sfruttavano?
Ritrovandomi ferita io, ma non solo, allo stesso tempo, offese le persone che sarebbero state quelle ad avermi sfruttata.
E tutto questo proprio da qualcuno che dice di condividere questo tuo modello?

che triste mondo...

Boris ha detto...

Cara amica, purtroppo ho capito un po' poco di ciò che vuoi dire. Tuttavia nel tuo commento leggo un grande dolore e di questo mi dispiace, davvero.

Ti ringrazio comunque del commento perché mi offri una possibilità di riflessione personale su quanto spesso mi trovi a ferire la sensibilità delle persone quasi senza volerlo. A volte a causa del proprio egoismo (parlo in generale ma sto vedendo me stesso) facciamo del male agli altri senza accorgercene: avendo sempre noi stessi in mente non ci accorgiamo neppure se stiamo calpestando altre persone come noi... Probabilmente chi ti ha ferito era lui stesso vittima di questo grande male che è l'egoismo.

Ciascuno di noi ha una sensibilità diversa dagli altri, ci sono corde che lasciano indifferenti alcuni e che invece toccano prondamente altri: quanto spesso un consiglio, un commento o anche solo una battuta può ferire, e neanche ci avevamo pensato...! E' un triste mondo? Non so, di certo è la realtà della nostra condizione. Però vedi, adesso tu hai scritto qualcosa che sentivi e ciò che hai espresso non è andato perso. Adesso una persona, e forse anche altri più tardi, ti sta rispondendo, sta cercando un contatto con te. Chi ti ha ferito non esaurisce il genere umano, qua fuori è pieno di persone che possiamo cercare, incontrare, persone con le quali possiamo condividere qualcosa, anche un pensiero. E senza esserne necessariamente ferite. Coraggio, siamo tutti sulla stessa barca, non smettere mai di cercare! Un abbraccio!

sensidiviaggio ha detto...

anch'io a volte mi sento come :-(, tuttavia credo sia importante credere e cercare sempre l'amore. Ci sarà sempre chi ti ferirà, è la vita, ma guardandoti indietro non avrai nè rimpianti nè rimorsi perchè avrai sempre cercato la luce e l'amore che l'unica cosa che conta nella vita!

Certo nella ns socità l'egoismo e l'individualismo è imperante, conta solo il sè e non il noi, inteso sia come coppia ma anche come comunità. Credo ci sia bisogno di riflettere sul termine COMUNITà...pochi credo ne sappiano ricevere il significato.

Bravi a voi che ne avete fatto un progetto. Siete dei ragazzi sorprendenti!